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In data 4 ottobre 2022 il Consiglio Europeo ha provveduto ad aggiornare l’elenco comunitario, all’interno del quale sono indicati tutti i paesi che rientrano nella Black List, tale elenco è valido per il 2023. Periodicamente, l’Agenzia delle entrate provvede a fornire la c.d. “Black List”, ovvero, la lista degli Stati che hanno adottato regimi fiscali agevolati che prevedono tasse molto basse e che in parallelo non hanno aderito al sistema di scambio dei dati fiscali con le altre Nazioni. Comunemente questi Paesi sono chiamati Paradisi Fiscali.

Per l’operatività con questi paesi, il legislatore richiede un’adeguata verifica rafforzata della clientela ed obbligo di adempimenti antiriciclaggio.

Come operare con loro senza incorrere in sanzioni?

Nel corso degli anni il legislatore è intervenuto con diversi provvedimenti, in particolare anche a seguito delle novità introdotte dalla Legge di Stabilità del 2015 e del 2016 e del decreto internazionalizzazione.
Dal punto di vista operativo, i titolari di partita IVA che operano con operatori ivi residenti o domiciliati non hanno più l’obbligo di procedere all’adempimento per la comunicazione nell’elenco dell’Agenzia delle Entrate, tuttavia rimane formalmente in vigore l’obbligo di comunicazione per le operazioni con i paesi inseriti nella lista nera a partire dal 2017. L’elenco non ha alcuna valenza ai fini della deducibilità dei costi derivanti dalle transazioni con i Paesi considerati Paradisi Fiscali.

L’elenco dei Paesi definiti paradisi fiscali si basa, essenzialmente, su tre principi cardini della fiscalità:
(i) trasparenza fiscale;
(ii) tassazione equilibrata;
(iii) rispetto delle norme dettate dall’Ocse in merito al trasferimento dei profitti da un paese all’altro.

Secondo la normativa domestica, rientrano nell’elenco della Black list anche altri Paesi (non esplicitamente indicati dall’UE), per i quali sono però salvi alcuni settori o attività specifiche, i paesi che rientrano in questa categoria sono i seguenti:

  • Bahrein, ad esclusioni di quelle società che svolgono attività di ricerca, scavo e raffinazione nel settore petrolifero nel Paese;
  • Monaco, ad eccezione delle società che generano il 25 per cento del fatturato fuori dal Principato;

Nell’elenco completo dei Paesi che rientrano all’interno della Black List sono incluse anche particolari tipologie di attività o peculiari tipologie di società che hanno sede in determinate nazioni, nonché i 12 paesi che rientrano nell’articolo 3 del già citato Decreto Ministeriale.

Al fine di garantire l’adozione di un efficace ed efficiente organizzazione dei presidi così come previsti dal D.Lgs. n. 231/2007, è necessario che colui che instaura rapporti di natura commerciale e/o economici con soggetti appartenenti a detti paesi, svolga un’adeguata ricognizione nelle seguenti attività:

  • valutazione del rischio (articolo 17 del DLgs n 231/2007);
  • verifica rafforzata (articolo 24 del DLgs n 231/2007);
  • adeguata verifica in presenza di esecuzione da parte di terzi – articolo 29 del Dlgs n 231/200;
  • segnalazione di operazioni sospette (articolo 35 del DLgs n 231/2007);
  • obbligo di astensione, (articolo 42 del DLgs n 231/2007).

Difatti, l’individuazione dei Paesi a Rischio Riciclaggio di denaro avviene all’interno di un determinato perimetro. Inoltre, i soggetti ai quali si applica la normativa antiriciclaggio, devono, necessariamente adottare adeguate procedure di monitoraggio e di valutazione rafforzati.
Nell’operatività con in paesi esteri, gli elementi fondamentali da considerare sono diversi.

(i) La profilatura del rischio, legato all’aspetto geografico. In particolare, ai fini dell’identificazione del rischio, i soggetti obbligati agli adempimenti in materia antiriciclaggio, devono considerare i seguenti elementi:

  • presenza di persone, residenti o originarie di “paesi terzi ad alto rischio”, quali membri di organi direttivi degli enti (non solo delle persone giuridiche ma anche di strutture quali trust, associazioni, fondazioni etc);
  • la residenza della controparte del cliente, in “paesi terzi ad alto rischio”;
  • presenza tra i titolari effettivi degli enti di persone, residenti o originarie di “paesi terzi ad alto rischio” (ciò non vale solo per le società di capitali, (non solo delle persone giuridiche ma anche altre tipologie di strutture come ad esempio: i trust, le associazioni, le fondazioni e soggetti similari);
  • la provenienza dei fondi da paesi terzi ad alto rischio o la destinazione dei fondi da paesi terzi ad alto rischio.

L’obbligo di adottare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela presuppone: le acquisizioni di informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo; un maggiore approfondimento sullo scopo e sulla natura del rapporto; un’intensificata ripetizione dell’applicazione delle procedure rivolte ad assicurare un sistematico controllo corso del rapporto continuativo o della prestazione professionale. Tutte queste misure, al contrario del rischio basso, non consentono l’acquisizione di una dichiarazione responsabile del cliente, ma presuppongono una verifica di tutte le informazioni fornite, attraverso il ricorso ad altre fonti attendibili e indipendenti.

L’identificazione del cliente, in presenza di rafforzata verifica, presuppone la richiesta di documentazione e informazioni a supporto, non necessaria nei casi di basso rischio. Al fine di procedere all’identificazione del titolare effettivo, a corredo della dichiarazione del responsabile del cliente, con la quale vengono forniti i dati del titolare effettivo e verifica con quelli desumibili da una fonte affidabile ed indipendente, è necessario richiedere al cliente un documento d’identità in corso di validità del o dei titolari effettivi (cosa non necessaria nei casi di basso rischio). In taluni casi, è opportuno ottenere dal cliente una specifica dichiarazione che attesti la provenienza dei fondi (attività non indispensabile in presenza di un profilo di rischio basso).

Tutte le attività hanno come obiettivo principale quello di conoscere il cliente, pertanto, in presenza di una situazione in cui il soggetto obbligato non sia in grado di garantire un’adeguata conoscenza del cliente, o nel caso in cui lo stesso sia a conoscenza di informazioni tali da far emergere anche il sospetto ai fini di una segnalazione, il professionista dovrà astenersi dal rendere la prestazione professionale.

L’astensione dal rendere la prestazione professionale va applicata anche nei confronti di soggetti che detengono direttamente o indirettamente, parte di società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore con sede in Paesi terzi ad alto rischio. Le misure finora esplicate vanno applicate anche a quelle entità giuridiche, diversamente denominate, aventi sede nei suddetti Paesi, di cui non è possibile identificare il titolare effettivo né verificarne l’identità. Inoltre, il legislatore stabilisce che qualora nel rapporto professionale vi siano, direttamente o indirettamente: Società fiduciarie; trust o Società anonime o controllate attraverso azioni al portatore, il soggetto obbligato all’applicazione della normativa antiriciclaggio deve prestare attenzione alla residenza di questi enti, in quanto, se gli stessi hanno residenza in paesi a rischio riciclaggio di denaro l’operazione o la prestazione professionale deve essere immediatamente interrotta, imponendo al soggetto obbligato l’immediata astensione anche nei casi in cui, le operazioni siano compiute da soggetti in cui il destinatario degli obblighi non risulta possibile identificare il titolare effettivo né verificarne l’identità. In mancanza del rispetto di tali obblighi, si applica il regime sanzionatorio previsto dall’art. 58 del D.Lgs. n231/2007.

Dott.ssa Teresa Drago

TAG operazionipaesi alto rischiosanzioni

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