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Circolare n. 6/E del 13 febbraio 2006

La norma anti – frode si applica a partire dalle operazioni effettuate nel giorno di pubblicazione del decreto che ha individuato i beni per i quali potrebbe scattare la responsabilità dell’acquirente

Solidarietà Iva del cessionario: decorrenza dal 31 dicembre scorso

L’articolo 60-bis del DPR 633/72, introdotto dall’articolo 1, comma 386, della legge 311/2004 (Finanziaria 2005), stabilisce il principio di responsabilità solidale da parte del cessionario nel pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, nel caso di mancato versamento dell’imposta da parte del cedente, per cessioni di beni effettuate a prezzi inferiori al loro valore normale. Il principio trova applicazione per le operazioni effettuate a partire dal 31 dicembre 2005, giorno di entrata in vigore del decreto ministeriale 22 dicembre 2005 (circolare n. 6/E del 13 febbraio 2006).

Ambito soggettivo

La disposizione trova applicazione nelle operazioni intercorse tra soggetti passivi d’imposta (esercenti imprese, arti e professioni), in quanto la norma fa espresso riferimento a “soggetti agli adempimenti ai fini del presente decreto”. Tale circostanza è stata peraltro chiarita dalla circolare n. 10/E del 16 marzo 2005, al punto 9.7, dove i soggetti destinatari della disposizione vengono individuati in quelli “tenuti, ai sensi del DPR 633 del 1972, ad applicare l’imposta sul valore aggiunto”. Infatti, i contribuenti non soggetti Iva non potrebbero dimostrare documentalmente le circostanze esimenti previste nel comma 3 dell’articolo 60-bis, né l’Amministrazione finanziaria potrebbe esercitare un’azione di recupero dell’imposta non versata dal cedente.

Ambito oggettivo

Le operazioni a cui si fa riferimento sono le cessioni di beni effettuate a prezzi inferiori al valore normale, nel caso in cui il cedente non versi la relativa imposta in sede di liquidazione e dichiarazione. Pertanto, per consentire l’azione di recupero da parte dell’Amministrazione finanziarie occorre il contemporaneo verificarsi di entrambi i presupposti oggettivi (prezzo inferiore al valore normale e mancato versamento dell’imposta da parte del cedente).
La definizione di valore normale del bene è contenuta nell’articolo 14 del DPR 633/72, che lo definisce come “prezzo mediamente praticato per beni della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni sono stati acquistati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi”. Può, inoltre, farsi riferimento alle leggi in vigore se i beni sono soggetti alla disciplina legale dei prezzi ovvero, se si tratta di beni in condizioni di libero mercato, alle mercuriali e ai listini delle Camere di commercio. La valutazione del prezzo di cessione dei beni, considerando il loro valore normale, costituisce tuttavia un’eccezione rispetto al principio generale applicato alle operazioni soggette a Iva, che si considerano effettuate sulla base dell’ammontare complessivo del corrispettivo pattuito dalle parti (articolo 13, comma 1), che può essere diverso dal valore normale dei beni ceduti. L’applicazione dell’imposta all’imponibile rappresentato dal valore normale dei beni ceduti costituisce una deroga a tale principio, ed è contenuta nel successivo comma 2, lettera c, dell’articolo 13.
L’ulteriore circostanza che fa scattare la solidarietà passiva è rappresentata dal mancato versamento dell’imposta da parte del cedente. A tale proposito, è sorto l’interrogativo sulla determinazione dell’imposta di cui diventa responsabile anche l’acquirente. Infatti, i soggetti passivi d’imposta sono tenuti a versare l’Iva non per le singole operazione effettuate, bensì per masse di operazioni attive e passive effettuate in un determinato arco temporale (mese o trimestre). Ora, dal tenore letterale della norme, potrebbe paventarsi il rischio che il cessionario venga ritenuto responsabile del pagamento di imposte relative anche a operazioni in cui non sia intervenuto come parte contraente. Tuttavia, un’attenta lettura del comma 2 dell’articolo 60-bis e i chiarimenti forniti, tra l’altro, dalle circolari n. 10 del 16 marzo 2005 e n. 41 del 26 settembre 2005 circoscrivono la responsabilità dell’acquirente alla sola imposta riferita alle cessioni di beni effettuate a prezzi inferiori al valore di mercato, escludendo pertanto l’imposta non versata dal cedente e riferita ad altre cessioni nonché le eventuali sanzioni irrogate per le violazioni commesse dal venditore.

Circostanza esimente

La presunzione assoluta di cui al comma 2 può essere vinta dalla prova contraria a carico del cessionario (vero e proprio caso di inversione dell’onere della prova) che il prezzo inferiore è stato determinato da eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso al mancato pagamento dell’imposta da parte del cedente. Tale prova deve essere fornita all’Amministrazione finanziaria su base documentale. Nella circolare n. 6/E del 13 febbraio 2006, è stato indicato il primo esempio di evento oggettivamente rilevabile che impedisce la responsabilità solidale dell’acquirente: viene infatti precisato che la presenza di campagne promozionali, disciplinate dalle norme vigenti in materia di commercio, costituisce prova documentale utile per esimere il cessionario.

Individuazione dei beni

Il comma 1 dell’articolo 60-bis rimanda all’emanazione di un decreto ministeriale per l’individuazione delle categorie di beni ai quali si applicano le disposizioni in tema di solidarietà dell’acquirente. In pratica, in assenza di tale norma regolamentare, era stata di fatto sospesa l’operatività delle disposizioni previste nei commi 2 e 3, dal momento che mancava l’elemento oggettivo cui le stesse dovevano essere applicate. Tale circostanza trova conferma nel chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate nella citata circolare n. 6/E del 2006: le norme contenute nell’articolo 60-bis si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 31 dicembre 2005, data di entrata in vigore del decreto ministeriale del 22 dicembre 2005. Il suddetto decreto, infatti, individua i beni per i quali potrebbe scattare la responsabilità nel pagamento dell’Iva da parte dell’acquirente:
– autoveicoli, motoveicoli, rimorchi
– prodotti di telefonia e loro accessori
– personal computer, componenti e accessori
– animali vivi della specie bovina, ovina e suina e loro carni fresche.

Finalità della norma

L’individuazione dei suddetti beni, come evidenziato nel comma 1 dell’articolo 60-bis, è avvenuta sulla scorta dei dati desunti dall’analisi di fenomeni di frode fiscale verificatisi in ambito europeo. Infatti, la norma nasce con lo scopo di introdurre un deterrente al tentativo di evadere il pagamento dell’Iva, attivando un’organizzazione commerciale non giustificata da ragioni economiche. Peraltro, il disposto dell’articolo 21, comma 3, della direttiva comunitaria n. 388 del 1977 consente agli Stati membri di individuare una persona diversa dal debitore dell’imposta come responsabile in solido del versamento della stessa.
Le operazione a cui si fa riferimento sono le cosiddette “frodi carosello”: allo scopo di evadere il pagamento dell’Iva, un soggetto nazionale che intende acquistare merce da un operatore situato in altro stato membro crea artificialmente un terzo soggetto (missing trader), che si interpone fittiziamente tra i due reali contraenti. Per il meccanismo impositivo previsto dal decreto legge 331/1993, il soggetto interposto diventa il principale debitore d’imposta. Lo stesso, dopo aver effettuato un consistente numero di operazioni commerciali in un ristretto arco di tempo (di solito, non più di due anni) e aver accumulato un consistente debito Iva, scompare senza versare alcuna imposta all’Erario. Il soggetto acquirente nazionale acquisisce così il vantaggio commerciale rappresentato dall’indebita detrazione d’imposta (non corrisposta allo Stato dal cedente) e dal minor prezzo d’acquisto della merce, che può così rivendere a condizioni concorrenziali.
Nasce così l’esigenza di individuare i veri artefici di tali operazioni, i quali conseguono lo scopo di ritrarre utili consistenti sfruttando il vantaggio commerciale illecitamente acquisito.

Anche la Commissione europea ha avvertito l’urgenza di tale problematica e non ha mancato di raccomandare (n. 260 del 16 aprile 2004) l’adozione di strumenti legislativi che estendano l’ambito dei soggetti obbligati al pagamento dell’imposta al verificarsi di operazioni “commercialmente sospette”.
In tale contesto, nasce la disposizione dell’articolo 60-bis, come strumento di contrasto ai fenomeni di frode fiscale. Con la previsione della responsabilità solidale dell’acquirente nel pagamento dell’imposta, relativamente ai beni sopra individuati (oggetto delle maggiori frodi comunitarie) che vengono acquistati a prezzi inferiori al valore normale, si vogliono scoraggiare all’origine i tentativi di adottare forme organizzative di tipo fraudolento.

Articolo aggiornato al  15/02/2006

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