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Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, la vita utile è fissata in almeno cinque anni, dieci per i fabbricati I beni ammortizzabili sono quei beni, la cui vita utile si suddivide in più esercizi, utilizzati dall’imprenditore a titolo di proprietà o altro diritto reale. L’ammortamento consiste in una procedura tecnico-contabile in base alla quale il valore dei beni viene trasferito per quote al conto economico, interessando in questo modo il risultato dell’anno.

Fiscalmente, con riferimento alle imposte dirette, la condizione generale per la deducibilità degli ammortamenti contenuta nell’articolo 109 del Tuir è l’imputazione della quota al conto economico per l’esercizio di competenza. La percentuale di deducibilità è stabilita con il decreto ministeriale 31 dicembre 1988: la tabella è suddivisa in gruppi e specie di attività produttive, all’interno delle quali vengono individuati i coefficienti di ammortamento per le diverse tipologie di beni impiegarti.

Bene ammortizzabile ai fini Iva e relativa detrazione

Dal punto di vista dell’imposta sul valore aggiunto, è opportuno muovere alcune considerazioni diverse da quelle evidenziate in premessa. In primis va sottolineato che la detrazione dell’imposta assolta sull’acquisto di un bene strumentale è possibile unicamente qualora sussistano contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • inerenza ovvero la presenza di un nesso di casualità tra gli acquisti e l’attività svolta dall’imprenditore
  • afferenza ovvero la correlazione con le operazioni attive imponibili.
L’afferenza è un elemento rilevante per quanto riguarda la detrazione dell’imposta; infatti, coloro che effettuano sia operazioni esenti (e quindi senza diritto a detrazione) sia attività imponibili o assimilate alle imponibili, detraggono l’imposta pagata a monte sulla base di una percentuale di detrazione. Tale valore è il pro-rata ed è calcolato in base a un rapporto in cui:
  • al numeratore vengono ricomprese le operazioni imponibili e assimilate alle imponibili
  • al denominatore le operazioni di cui sopra aumentate delle operazioni esenti.
Con riferimento al concetto di bene ammortizzabile ai fini Iva, l’articolo 19-bis2 del Dpr 633/1972 considera beni strumentali unicamente quelli che congiuntamente hanno: – costo unitario superiore a 516,46 euro – ai fini dell’imposta sul reddito, un coefficiente di ammortamento non superiore al 25 per cento. La ratio è facilmente individuabile. Ai fini Iva, il bene ammortizzabile ha una vita utile di almeno cinque anni (dieci per i fabbricati). Appare logica, pertanto, la scelta del legislatore di escludere dalla categoria quelli che non soddisfano tale condizione ai fini delle imposte dirette. Infatti, i beni strumentali con costo unitario inferiore o uguale a 516,46 euro sono spesati, ai fini delle imposte sui redditi, interamente nell’anno, mentre quelli con coefficiente di ammortamento superiore o uguale al 25% al massimo in quattro anni (quindi, meno dei cinque anni previsti ai fini Iva). Inoltre, sono considerati beni strumentali ai fini Iva anche:
  •  le aree fabbricabili
  •  i fabbricati e le loro porzioni, indipendentemente dalla collocazione in bilancio; pertanto, anche gli immobili  merce entrano nel campo di applicazione del 19-bis2.

Rettifica della detrazione

La rettifica della detrazione dell’imposta sul valore aggiunto va operata quando variano le condizioni e gli elementi che hanno permesso la detrazione a monte. Nel caso dei beni ammortizzabili, si possono verificare tre ipotesi:

  1. rettifica per il mutamento della destinazione di utilizzo del bene
  2. vendita del bene ammortizzabile durante il periodo di ammortamento della detrazione (cinque o dieci anni a seconda del bene)
  3. rettifica per variazione del pro-rata.
Nel caso sub 1. si opererà la rettifica nel momento in cui il bene strumentale è utilizzato per operazioni escluse. Un esempio può aiutare a chiarire meglio:
  • bene ammortizzabile per il quale il periodo di ammortamento della detraibilità è di cinque anni, gravato da un’imposta sul valore aggiunto di 10.000 euro (interamente detratta), acquistato nel 2002 da una società che compie tutte operazioni imponibili, entrato in funzione nello stesso 2002
  • negli anni 2005 e 2006 il bene viene utilizzato per compiere operazioni escluse
  • la società, nelle dichiarazioni 2005 e 2006, dovrà restituire un’imposta pari a tanti quinti quanti mancano al compimento dei cinque anni dall’entrata in funzione (2002), quindi due quinti (per gli anni 2005 e 2006) dell’imposta inizialmente detratta.
Nel caso sub 2., in caso di cessione del bene ammortizzabile durante il periodo di tutela fiscale, il decreto 633/1972 prevede la possibilità di recuperare l’Iva non detratta a monte in misura proporzionale agli anni mancanti per il compimento del lustro. In tale circostanza, è prevista la rettifica in una unica soluzione. Ciò avviene quando la percentuale di pro-rata aumenta negli anni successivi all’acquisto. Ad esempio:
  • anno 2004: acquisto; pro-rata generale di detrazione: 50%
  • anno 2005: pro-rata 75%; il bene viene venduto.
Ovviamente il recupero si quantificherà in misura di 1/5 per anno. Per evitare condotte elusive e artificiose riduzioni del prezzo di vendita, il legislatore pone un limite al recupero dell’Iva non detratta: non può essere superiore alla corrispondente imposta relativa alla cessione. Anche in questo caso, un esempio può rendere più comprensibile il concetto:
  1. acquisto macchinario tecnico nel 2004 per 100.000 euro; imposta ad aliquota ordinaria 20.000 euro; percentuale di pro-rata: 50%: il contribuente detrarrà 10.000 euro (= 50% di 20.000)
  2. anno 2005, variazione percentuale di pro-rata dal 50 al 75% e vendita macchinario per 18.000 euro ad aliquota ordinaria (3.600 euro)
  3. il contribuente avrebbe diritto a recuperare in una unica soluzione 1/5 dell’imposta per ogni anno del rimanente periodo di tutela fiscale (4 anni). Tale somma si calcolerà dalla differenza tra la nuova percentuale di pro-rata del 75%, corrispondente a 15.000 euro, e la vecchia percentuale di pro-rata (50%), corrispondente a 10.000 euro; pertanto: [(15.000 – 10.000)/5] x 4 = 4.000
  4. poiché il contribuente recupererebbe un’Iva maggiore rispetto a quella che andrebbe a versare, il legislatore pone la “franchigia”: l’imposta recuperabile (dato che il pro-rata è aumentato rispetto all’anno di acquisto del bene ammortizzabile) non può superare quella dovuta. Pertanto, dalla rettifica della detrazione potranno essere recuperati 3.600 euro, anziché 4.000. Nel caso in cui invece il bene fosse stato ceduto per 50.000 euro (Iva a debito: 10.000), si sarebbe potuto recuperare tutta l’imposta derivante dalla nuova percentuale di pro-rata (4.000 euro).
Il comma 4 dell’articolo 19-bis2 detta le condizioni per la rettifica della detrazione quando cambia la percentuale di pro-rata. Come già ricordato, la ratio di tale disciplina nasce dal principio di afferenza dell’imposta sul valore aggiunto. Nel momento in cui la percentuale di pro-rata varia in misura superiore a 10 punti rispetto all’anno di acquisto del macchinario, va operata la rettifica. La variazione può essere sia in aumento sia in diminuzione e va indicata nel quadro VG70 della dichiarazione Iva dell’anno in cui si compie l’evento, con segno positivo o negativo a seconda dei casi. Il contribuente, tuttavia, può bypassare la tolleranza dei 10 punti di variazione della percentuale di pro-rata. In questo caso, per evitare effetti distorsivi ed elusivi dell’imposta, è obbligato a:
  • darne comunicazione nella dichiarazione annuale ai fini Iva
  • operare la scelta per tutto il periodo di tutela fiscale
  • barrare la casella del rigo VO1 del modello Iva.
Particolare attenzione va posta infine per le cessioni di immobili effettuate dopo le modifiche introdotte dal decreto legge 223/2006, a seguito delle quali sono divenute esenti:
  • le vendite di fabbricati abitativi da parte delle imprese che li hanno costruiti o ristrutturati, se la cessione avviene oltre quattro anni dopo l’ultimazione della costruzione o ristrutturazione
  • le cessioni di fabbricati abitativi da parte di società di rivendita immobiliare e da parte di imprese di ristrutturazione se queste ultime hanno rivenduto gli immobili senza aver operato sugli stessi interventi di ristrutturazione.
Per tutti i fabbricati, a prescindere della collocazione in bilancio, si avrà un periodo di tutela fiscale, ai fini della detrazione, di 10 anni. Nell’anno della vendita, qualora la percentuale di detrazione cambi, si dovrà operare la rettifica della detrazione. Ad esempio:
  • ultimazione fabbricato “merce” anno 2003; Iva detratta sul fabbricato: 50.000euro; percentuale detrazione anno 2003: 100%
  • vendita fabbricato anno 2009, esente Iva per le ragioni di cui sopra; percentuale di detrazione nell’anno 2009: 80%
  • la società dovrà operare la rettifica per l’anno 2009; l’Iva detratta nel 2003 per la costruzione del fabbricato (50.000 euro) dovrà essere recuperata nella misura di 1/10 della differenza tra la percentuale di detrazione del 2003 e quella del 2009: [(50.000 – 40.000)/10) x 1= 1.000 euro
  • la società, nel rigo VG70 della dichiarazione Iva per il 2009, dovrà indicare -1.000 (va indicato il segno meno per diminuire l’imposta in detrazione).

Notizia aggiornata al 28/12/2009

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