Cessioni e prestazioni a soggetti internazionali L’articolo 72 del Dpr 633/72 e la prassi ministeriale
L’articolo 72 del Dpr 633/72 recepisce, nell’ambito della normativa nazionale, gli accordi internazionali che prevedono eventuali agevolazioni ai fini dell’applicazione dell’Iva.
Nel comma 2 del citato articolo viene, altresì, stabilito che le cessioni effettuate secondo i predetti criteri assumono il carattere di “non imponibilità”, così come quelle relative alle esportazioni e alle operazioni assimilate e previste negli articoli 8, 8-bis e 9 (risoluzione 529001 del 28/4/1973).
La conseguenza è che le suddette operazioni partecipano alla formazione del plafond degli esportatori abituali, attraverso il quale quest’ultimi possono procedere agli acquisti senza pagamento dell’imposta.
Nel successivo comma 3 dell’articolo 72 vengono poi individuate espressamente una serie di cessioni e prestazioni alle quali possono essere applicati i medesimi criteri esposti in precedenza.
In pratica, le operazioni in questione assumono il carattere di non imponibilità, con la conseguenza che sono anch’esse assimilate alle esportazioni.
Vediamo, nel dettaglio, di quali operazioni si tratta.
Cessioni o prestazioni, se di importo superiore a 258,23 euro, alle sedi e ai rappresentanti diplomatici e consolari
La “non imponibilità” è inapplicabile “alle operazioni per le quali risulta beneficiario un soggetto diverso, ancorché il relativo onere sia a carico degli enti e dei soggetti ivi indicati” (articolo 72, comma 4).
Ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, è necessario che l’organizzazione estera presenti “per ogni singola operazione, apposita richiesta (mod. 181 US, n.d.r.) al Ministero degli Affari Esteri il quale, ove si verifichino le necessarie condizioni per l’ammissione all’agevolazione medesima, vi appone analoga attestazione. Il modulo relativo all’accennata certificazione deve essere dall’acquirente consegnato all’operatore economico e da questi conservato a norma dell’art. 39 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633, unitamente al duplo della fattura che va emessa in ogni caso e che, ai sensi dell’art. 21 del citato D.P.R. n. 633, può comprendere cessioni e prestazioni effettuate nello stesso giorno o nel corso della stessa settimana” (circolare n. 38/73).
La risoluzione 20 del 10/2/2000 ha sottolineato che il predetto modello 181 US è da utilizzarsi solo da parte dei rappresentanti diplomatici e consolari, ovvero da soggetti appartenenti a organizzazioni internazionali, mentre “per tutti gli altri organismi, invece, la non imponibilità è operante sulla base della presentazione, da parte del richiedente, di una dichiarazione che contenga i riferimenti a norme o trattati internazionali che prevedono l’agevolazione”.
Il beneficio è esteso anche al personale tecnico-amministrativo facente parte delle sedi citate, se appartenenti a Stati che riconoscono il medesimo criterio di non imponibilità e a condizione che i soggetti interessati “non siano cittadini italiani e che non abbiano in Italia la residenza permanente” (circolare 38/73).
A tale proposito, la risoluzione 621198 del 19/10/89 ha riconosciuto la non imponibilità ai lavori di manutenzione o ristrutturazione relativamente agli immobili occupati dai rappresentanti diplomatici, consolari e dal personale tecnico amministrativo.
Tuttavia, relativamente agli immobili occupati dal personale non diplomatico, è necessario che “venga specificato nella prescritta certificazione che si tratta di soggetti accreditati presso le Ambasciate stesse e che esplicano mansioni tecniche o amministrative. Qualora, invece, gli immobili dovessero risultare occupati da personale che non rivesta lo status di rappresentante diplomatico o consolare ovvero che non abbia i requisiti sopra evidenziati, il beneficio in questione non torna applicabile – pur se gli immobili siano stati acquisiti in proprietà o in affitto direttamente dalle Ambasciate – con la conseguenza che la certificazione di cui alla circolare n. 38/1973 non deve essere rilasciata”.
In precedenza, la risoluzione 524184 del 17/4/74 aveva riconosciuto, inoltre, l’esenzione da Iva per i corrispettivi inerenti a un contratto di appalto per i lavori di restauro e ristrutturazione interna nell’immobile sede della cancelleria di una Ambasciata.
Per quanto riguarda l’acquisto di autovetture, in sostituzione di quelle già possedute, da parte di personale di rappresentanze diplomatiche, la risoluzione 465182 del 16/10/91 ha confermato la non imponibilità dell’acquisto, a patto che “analogo beneficio sia previsto a favore del personale tecnico amministrativo italiano operante presso sedi diplomatiche e consolari all’estero”.
Acquisti intracomunitari da parte delle rappresentanze diplomatiche, consolari e dagli organismi internazionali
Gli organismi esteri sopra citati, nonché il personale in servizio presso i medesimi (circolare 62/2002), possono aver necessità di acquistare presso altri Stati membri della Comunità europea, diversi da quelli in cui hanno sede.
In tal caso, la normativa comunitaria ha previsto che gli stessi non debbano essere considerati “acquisti intracomunitari” e non debbono nemmeno rientrare nel limite di 8.263,31 euro, previsto per gli enti non commerciali, affinché l’imposta possa essere assolta nel paese d’origine dei beni (articolo 38, comma 5, decreto legge 331/93), “in quanto tali operazioni rappresentano una deroga ai principi generali del regime transitorio degli scambi intracomunitari” (circolare 78/98).
Nel caso in cui siano operatori italiani a fornire beni ai soggetti in questione, con sede in altri Paesi membri, “la relativa fattura dovrà essere emessa senza applicazione dell’imposta ai sensi dell’art. 72, terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, dietro presentazione del formulario debitamente vistato dalle autorità competenti del paese membro interessato. Per tali forniture gli operatori italiani non sono tenuti a compilare gli elenchi riepilogativi delle cessioni intracomunitarie, in quanto i destinatari non sono soggetti passivi IVA nel paese di destinazione” (circolare 78/98).
Si precisa che il “formulario” (certificato di esenzione dall’Iva e dalle accise), utilizzabile “solo per gli acquisti di beni e servizi in altri Stati membri” (risoluzione 10/2000), è reperibile come allegato alla citata circolare 78/98.
La circolare 62 dell’1/8/2002 ha successivamente specificato che “tra i soggetti titolati ad effettuare acquisti in regime di non imponibilità ad IVA rientrano anche i rappresentanti diplomatici e consolari ed il personale tecnico-amministrativo, che presentano il sopracitato modello, debitamente vistato dalle competenti autorità dello Stato membro ospitante”.
Inoltre, “il medesimo beneficio si applica anche ai rappresentanti diplomatici e consolari della Repubblica Italiana, accreditati presso altri Stati membri dell’Unione europea o presso Organismi Internazionali ivi situati, nonché al personale tecnico-amministrativo in servizio presso le Rappresentanze e gli enti in questione. E’ appena il caso di precisare che anche questi ultimi soggetti dovranno esibire il modulo, vistato dalla competente autorità dello Stato membro ospitante, con cui si attesta il diritto all’agevolazione in discorso” (circolare 62/2002).
La risoluzione 97 del 30/7/98, pur negando in generale al personale militare che presta servizio presso le Ambasciate la possibilità di acquisire beni a uso personale in Italia in regime di non imponibilità, salvo che si possa configurare da parte del cedente una vera e propria esportazione, dispone diversamente per quello incaricato presso altri Stati comunitari.
Per quest’ultimo, infatti, “dopo l’immissione in servizio … presso la sede diplomatica estera” può essere riconosciuta l’agevolazione “a condizione che venga esibito il formulario “certificato di esenzione dall’IVA e dalle accise” approvato in sede comunitaria, munito del visto dell’autorità competente dello Stato membro ospitante. (Cfr. Circ. n. 78/E del 10 marzo 1998 che si allega in copia)” (risoluzione 97/1998).
Cessioni o prestazioni ai comandi militari degli Stati membri della Nato “nell’esercizio delle proprie funzioni”, compresi i quartieri generali militari internazionali, e agli organismi sussidiari degli stessi “installati in Italia” (risoluzione 527506 del 19/2/73)
Per tali soggetti non si applica il limite sopra rilevato di 258,23 euro.
Assumono carattere non imponibile, inoltre, anche le cessioni effettuate nei confronti dell’Amministrazione della difesa “qualora agisca per conto” della Nato e quelli effettuati da un ministero “in nome e per conto” della suddetta organizzazione (risoluzione 465239 del 18/10/91).
La risoluzione 12908 del 29/1/73 riconobbe la non imponibilità anche agli acquisti e alle prestazioni relativi a pubblicazioni stampate in Italia a spese e per conto della Nato.
La risoluzione 421418 del 18/7/80 sottolineò come, ai fini della non imponibilità delle operazioni, le stesse dovessero essere “poste in essere nei diretti confronti dei Comandi militari degli Stati membri, dei quartieri generali militari internazionali e degli organismi sussidiari, installati in esecuzione del trattato nord – atlantico, nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali”.
Inoltre, è necessario che le cessioni o prestazioni siano effettuate ai fini “delle funzioni istituzionali proprie degli organismi NATO richiamati nell’art. 72, terzo comma, n. 2)”.
In tale contesto, la risoluzione 16005 del 23/10/80 chiarì che la condizione di non imponibilità, in presenza di appalti, non è applicabile alle operazioni “effettuate in attuazione dei rapporti intermedi intercorrenti fra l’assuntore dell’intera opera ed i propri sub appaltatori”.
In precedenza, la risoluzione 525097 del 13/7/1974 aveva stabilito che nessun particolare adempimento doveva essere messo in essere in occasione delle cessioni o prestazioni verso la Nato a prova di tale destinazione dell’operazione.
In tal senso, si ricorda, comunque, che il comma 6 dell’articolo 21 del Dpr 633/72 prevede l’indicazione in fattura del titolo di non imponibilità, in caso di assenza d’imposta.
Cessioni o prestazioni, se di importo superiore a 258,23 euro, alle Comunità europee nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, anche nel caso in cui siano fatte a imprese o enti per l’esecuzione di contratti di ricerca conclusi con le predette comunità
La risoluzione 511190 del 23/6/73 ha stabilito che le operazioni poste in essere dalla Banca europea per gli investimenti “nello svolgimento della propria attività ufficiale (comprese, quindi, anche quelle relative all’importazione od all’acquisto di beni ed all’esecuzione di prestazioni di servizi nei confronti dell’Istituto stesso) non debbono essere assoggettate all’I.V.A.”.
Cessioni o prestazioni, se di importo superiore a 258,23 euro, all’Onu e alle istituzioni da esso dipendenti, nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali
Cessioni o prestazioni, se di importo superiore a 258,23 euro, all’Istituto universitario europeo e alla Scuola europea di Varese nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali
Si segnala, inoltre, che il limite di 258,23 euro “non si applica alle cessioni di prodotti soggetti ad accisa, per le quali la non imponibilità all’imposta sul valore aggiunto opera alle stesse condizioni e negli stessi limiti in cui viene concessa l’esenzione dai diritti di accisa” (articolo 72, comma 4, ultimo periodo).
REGIME DEL MARGINE GLOBALE E OPERAZIONI INDIVIDUATE DALL’ARTICOLO 72 DEL DPR 633/72
Si ricorda, infine, che l’articolo 36, comma 6, del decreto legge 41/95, stabilisce tra l’altro che “in caso di cessione all’esportazione o di cessione a questa assimilata, il costo del bene esportato non concorre alla determinazione del margine globale e la rettifica in diminuzione degli acquisti deve essere eseguita con riferimento al periodo nel corso del quale l’esportazione è effettuata”.
A tale proposito, la circolare 177/95 specifica quanto segue:
“Nel caso in cui i beni in esame vengano esportati verso paesi extracomunitari, ovvero ceduti a oggetti residenti nello Stato della Città del Vaticano o nella Repubblica di San Marino, ovvero agli organismi di cui all’art. 72 del D.P.R. n. 633 (ambasciate, consolati, Comunità europee, ONU, Istituto Universitario Europeo e Scuola europea di Varese, ecc.), il relativo costo precedentemente sopportato non influenza la determinazione del margine e conseguentemente, al momento di effettuazione dell’esportazione o della cessione ai suddetti soggetti, dovrà essere operata una corrispondente rettifica in diminuzione dell’ammontare degli acquisti relativi al periodo. Corre l’obbligo di precisare che l’assimilazione alle cessioni all’esportazione prevista dal citato art. 72 per le cessioni di beni effettuate nei confronti dei soggetti ivi indicati, salvo che per quelle effettuate nei confronti dei Comandi militari degli Stati membri della NATO, opera, ai sensi dell’art. 13 del provvedimento in esame, solo per i beni con prezzo di vendita superiore a un milione di lire (attualmente euro 258,23 n.d.r.), il cui acquisto sia stato autorizzato dal Ministero degli Affari Esteri secondo le indicazioni contenute nella circolare n. 38 del 1 giugno 1973 della soppressa Direzione Generale delle Tasse e delle II.II. sugli Affari”.
Inoltre, le istruzioni alla dichiarazione 2005 (pag. 77) sottolineano che “per i soggetti che hanno applicato il metodo globale, il margine relativo alle esportazioni ed operazioni equiparate deve essere determinato in via analitica. Ciò in quanto, ai sensi del comma 6 dell’art. 36 del D.L. 41, i costi relativi ai beni esportati non concorrono alla determinazione del margine globale e, quindi, gli acquisti annotati nell’apposito registro devono essere depurati di tali costi”.
Da quanto sopra detto discende che questi soggetti devono comportarsi nel seguente modo in caso di esportazione:
- esportazione effettuata nello stesso periodo dell’acquisto: il costo non deve essere considerato ai fini della determinazione del margine globale
- esportazione effettuata in un periodo diverso da quello dell’acquisto: deve operarsi la rettifica in meno degli acquisti del periodo nel quale è effettuata l’esportazione.
Articolo aggiornato al 17/10/2012