Uno dei dubbi che sorge nel momento in cui una società si è estinta riguarda i beni, i crediti e i debiti. La soluzione a tale dubbio è fornita dalla giurisprudenza ed in particolare, dall’art. 2312 c.c. per le società di persone e dall’art. 2494 c.c. per le società di capitali.
Normativa
In base a quanto disposto dall’art. 2312: «Approvato il bilancio finale di liquidazione i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Dalla cancellazione della società i creditori sociali che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci[1] e, se il mancato pagamento e dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi.
Le scritture contabili e i documenti che non spettano ai singoli soci sono depositati presso la persona designata dalla maggioranza.
Le scritture contabili e i documenti devono essere conservati per dieci anni a decorrere dalla cancellazione della società dal registro delle imprese».
Mentre, l’art. 2494, recita: «Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi».
Che fine fanno i beni, i crediti e i debiti delle società estinte
Norme chiare che lasciano poco spazio all’interpretazione. Pertanto, a seguito dell’estinzione della società i beni, i crediti e i debiti che residuano non scompaiono, ma si trasferiscono a tutti gli effetti ai suoi soci, divenendone così’ “gli eredi”.
Nel momento in cui viene a mancare il presupposto per definire una società, ovvero lo svolgimento di un’attività economica, i rapporti giuridici e i beni della stessa società si trasferiscono ai suoi soci, nonché ai beneficiari ultimi dell’attività sociale. L’esempio tipo è quando viene a cessare l’attività operativa e rimane da dismettere solo l’immobile, in tal caso, i soci ne diventano comproprietari, e di conseguenza, in presenza di un credito ne diventano contitolari.
Contestualmente, i soci rispondono poi dei debiti della società nei limiti del valore di quanto loro assegnato”, a meno che non fossero soci illimitatamente responsabili, in tal caso continueranno a rispondere, con tutto il loro patrimonio, ancora dei debiti della società.
Un concetto rafforzato dalla Cassazione nella sentenza n. 10694 del 2016, ribadisce che “i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa “.
Ma è la stessa giurisprudenza a porre un’eccezione, ovvero, “la successione nei crediti della società si verifica esclusivamente nel caso in cui la cancellazione della medesima società non possa essere interpretata come implicita manifestazione della volontà di rinunciare all’incasso dei medesimi.” Per implicita rinuncia all’incasso si può intendere il fatto che si è provveduto alla cancellazione, della stessa, senza che il liquidatore avesse contestato il pagamento dei crediti nei confronti dei creditori.
Quanto è stato attribuito ai soci in sede di liquidazione, spetta ai creditori dimostrarlo (cfr. sentenza della Corte d’Appello di Bari del dicembre 2017)
l’estinzione della società non determina il venir meno dei debiti insoddisfatti nei confronti dei terzi, dando vita, invece, ad un fenomeno di tipo successorio in forza del quale il socio si prefigura quale successore universale, benché nei limiti sanciti dal c.c., art. 2495, Sussiste, però, un obbligo di allegazione e di prova, che, a seconda dei casi, le parti dovranno assolvere affinché sia provata la propria legittimazione a stare in giudizio nonché la corretta costituzione del contraddittorio. Infatti, nei giudizi aventi ad oggetto una pretesa creditoria, detto onere di allegazione si riversa in capo al creditore sociale, il quale deve provare, con la produzione del bilancio finale di liquidazione, tanto l’avvenuta distribuzione dell’attivo sociale quanto la riscossione di una quota di esso da parte dei soci, non essendo sufficiente il dato della cancellazione della società dal registro delle imprese.
Nel 2018 è intervento anche il Tribunale di Milano affermando che:
“L’estinzione di una società di persone conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese determina un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale sono trasferiti ai soci esclusivamente le obbligazioni ancora inadempiute ed i beni o i diritti non compresi nel bilancio finale di liquidazione, con esclusione, invece, delle mere pretese, ancorché azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi necessitanti dell’accertamento giudiziale non concluso, il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente, quindi, di ritenere che la società vi abbia implicitamente rinunciato, con la conseguenza che gli ex soci non hanno la legittimazione a farli valere in giudizio”.
Mentre, con riferimento al trasferimento dei debiti, si deve far riferimento alle regole proprie del tipo di società, e quindi, solo i soci a responsabilità illimitata subiscono il trasferimento integrale dei debiti, al contrario, quelli a responsabilità limitata rispondono solo nei limiti del valore di quanto loro attribuito in sede di liquidazione.
L’art. 10 della legge fallimentare (ammette la fallibilità delle società entro l’anno dalla cancellazione); mentre l’articolo 28 del decreto legislativo n. 175 del 2014 consente la sopravvivenza delle società cancellate, per cinque anni, nei confronti del fisco e degli enti previdenziali che vantino crediti nei loro confronti.
Questi due articoli contravvengono al principio per cui una volta cancellata dal Registro delle Imprese la società stessa è estinta.
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