La riforma del terzo settore ha per la prima volta codificato l’obbligo della tenuta di alcuni libri sociali, utili agli associati o aderenti per seguire e controllare la vita degli enti del terzo settore. Gli enti del terzo settore devono tenere i seguenti libri sociali:
- il libro degli associati o aderenti;
- il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, in cui devono essere trascritti anche i verbali redatti per atto pubblico;
- il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo di amministrazione, dell’organo di controllo, e di eventuali altri organi sociali.
I primi due libri sono a cura dell’organo di amministrazione, il terzo è tenuto dall’organo cui si riferisce. Gli associati o gli aderenti hanno diritto di esaminare i libri sociali secondo le modalità previste dall’atto costitutivo o dallo statuto.
Buon ascolto.
Podcast GBsoftware a cura del Dott.ssa Paparusso
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Altre scritture obbligatorie
Diverse dai libri sociali sono le altre scritture obbligatorie, ossia:
- il registro dei volontari, che deve essere vidimato, e in cui sono iscritti tutti i volontari non occasionali;
- le scritture contabili e relative al bilancio di esercizio;
- nel caso degli enti del terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale, il libro giornale e il libro degli inventari, oltre alle altre scritture richieste dalla natura e dalla dimensione dell’ente.
La tenuta dei libri sociali assume, quindi, rilievo al fine di stabilire le responsabilità all’interno dell’associazione stessa, nonché un importante strumento di difesa circa l’operato dell’organo amministrativo e delle attività svolte dall’ente in caso di controllo fiscale. Una corretta tenuta degli stessi fornisce una visione trasparente e aggiornata delle operazioni svolte dall’ente non commerciale, anche al di fuori del perimetro degli ETS.
Le novità degli ETS
La riforma del terzo settore ha codificato l’obbligo di tenere i libri sociali, similmente a quanto già previsto per le società. La norma nulla dice sulla obbligatorietà o meno della loro “vidimazione” da parte di un pubblico ufficiale (es. segretario comunale o notaio).
Il libro degli associati
tenuto dall’organo amministrativo deve riportare:
- data della domanda di ammissione;
- data della delibera di ammissione (ove prevista);
- cognome e nome;
- luogo e data di nascita;
- domicilio e nazionalità;
- codice fiscale;
- qualifica;
- data della delibera di recesso o di esclusione;
- versamenti delle quote sociali eseguiti.
Il libro delle adunanze dell’assemblea
tenuto dall’organo amministrativo:
- Riporta le decisioni delle assemblee prese sui diversi punti all’ordine del giorno, firmate dal Presidente e dal Segretario della seduta e approvate dall’organo sociale.
- In esso deve essere riportato annualmente almeno il verbale dell’assemblea di approvazione del bilancio, eventualmente con la copia del bilancio
- stesso come allegato
il libro delle adunanze e delle deliberazioni del c.d.a
- Riporta le presenze degli amministratori alle sedute del consiglio direttivo e le decisioni assunte.
- Devono esservi verbalizzate le delibere ma anche le riunioni senza delibera
il libro adunanze e deliberazioni dell’organo di controllo
(ove previsto dallo statuto): deve esservi documentata l’attività dell’organo di controllo, e riporta i verbali delle riunioni dell’organo di controllo, firmati da tutti i membri.
Il libro giornale
L’art. 13 del D.Lgs n. 117/2017 disciplina gli obblighi contabili civilistici e di redazione del bilancio degli ETS. La norma così dispone: “Gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale devono tenere le scritture contabili di cui all’articolo 2214 del codice civile”. Il problema è comprendere quale significato il legislatore abbia inteso attribuire all’espressione “in forma di impresa commerciale”.Le disposizioni che disciplinano l’impresa sociale già prevedono tra le scritture contabili obbligatorie il libro giornale di cui all’art. 2214 del codice civile.
L’art. 79, comma 5 precisa preliminarmente che:
“Si considerano non commerciali gli enti del Terzo settore di cui al comma 1 che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di cui all’articolo 5 in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo. I predetti commi precisano che le attività “si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi …”.“Indipendentemente dalle previsioni statutarie gli enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti commerciali qualora i proventi delle attività di cui all’articolo 5, svolte in forma d’impresa, non in conformità ai criteri di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, …, superano, nel medesimo periodo d’imposta le entrate derivanti da attività commerciali …”.
In buona sostanza se i corrispettivi sono superiori ai costi l’attività si considera esercitata in forma d’impresa e il soggetto in questione assume la qualificazione di ente del Terzo settore commerciale.