Spetta all’amministrazione dimostrare che il contribuente, che acquistò il bene o il servizio, era a conoscenza del fatto che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si era iscritta in un’evasione o in una frode.
In presenza di atto di contestazione ai fini IVA per operazioni soggettivamente inesistenti si dovrà accertare il fatto che quelle operazioni, effettuate e indubbiamente inerenti, provenivano da un soggetto fornitore e non da un soggetto passivo ai fini Iva, considerata la sua presenza meramente formale.
Normativa
Seconda la Cassazione, la dimostrazione può essere prodotta attraverso delle semplici presunzioni, che portano alla valutazione di tutti quegli elementi indiziari agli atti. In base a ciò, il contribuente che dimostra che, al momento in cui aveva stipulato il contratto, aveva ottenuto la disponibilità di elementi sufficienti, tale da consentire ad un soggetto con IVA che opera sul mercato in modo diligente, a comprendere che il soggetto indicato come colui che cede il bene aveva di fatto evaso l’imposta o compiuto una frode (cfr., Cass., n. 5873 del 2019), con l’emissione della fattura,
In tema di operazioni soggettivamente inesistenti, la dottrina fa una netta differenza tra contestazione ai fini delle imposte dirette o indirette. Le operazioni soggettivamente inesistenti hanno rilevanza anche al riconoscimento del diritto alla deduzione dei costi, considerato che, in tali casi, la fattispecie in questione riguarda proprio il disconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA. Sotto il profilo imposte indirette, quali IVA, la sua detraibilità, in linea di massima è esclusa quando l’imposta risulta essere stata corrisposta ad un soggetto che, non avendo effettuato l’operazione, acquisisce il diritto ad addebitarla a titolo di rivalsa, così come non è obbligato a versarla all’erario (Cass., 7 ottobre 2015, n. 20060; 30 ottobre 2018, n. 27555). Di fatti, la stessa Cassazione ha rilevato che, considerato il diniego della detrazione, ciò integra un’eccezione al principio di neutralità dell’IVA; ciò rappresenta il fondamento su cui si basa il diritto alla detraibilità; pertanto, compete all’Amministrazione finanziaria provare che, l’emissione della fattura difetta le condizioni, oggettive e soggettive, per usufruire della detrazione dell’imposta. Nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria assolva a tale onere, l’onere di fornire la prova contraria spetta al contribuente. Resta ferma la necessità di verificare l’effettiva deducibilità dei medesimi costi in relazione ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità (Cass., 6 luglio 2018, n. 17788; 30 ottobre 2018, n. 27566). La Cassazione si è pronunciata anche sull’oggettiva fittizietà del fornitore, ed in particolare sul fatto che, tale accertamento può avvenire anche presumibilmente, attraverso la prova di elementi di fatto attinenti al cedente, quali, tra gli altri, la mancanza della sede, la mancanza di una struttura organizzata, il mancato versamento dell’IVA (cfr., Cass., 9 settembre 2016, n. 17818; 18 maggio 2018, n. 12258).
Con riferimento alla prova dell’elemento soggettivo, l’onere probatorio dell’Amministrazione finanziaria ha come presupposto che, il soggetto, acquirente del bene o del servizio era a conoscenza del fatto che l’operazione era legata ad una frode, considerate anche le circostanze esistenti al momento del compimento dell’affare e riguardanti la sua sfera d’azione (cfr., Cass., n. 9851 del 2018). Su tale principio si basa anche l’orientamento secondo cui, in presenza di operazioni triangolari “semplici”, l’“onere probatorio dell’amministrazione può esaurirsi nella prova che il soggetto interposto non è dotato di personalità adeguata all’esecuzione della prestazione fatturata” (Cass., 30 ottobre 2013, n. 24426; nello stesso senso, n. 20059 del 2014 e 21 aprile 2017, n. 10120). Se l’amministrazione assolve a detto onere istruttorio, è il contribuente che per non essere coinvolto in un’operazione di evasione dell’imposta, deve dimostrare di aver adoperato con la massima diligenza, nel rispetto dei criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, considerando le circostanze del caso concreto, senza assumere alcun rilievo la regolare contabilizzazione dei pagamenti e/o dei benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (cfr., Cass., n. 27566 del 2018).
Dott.ssa Teresa Drago
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